Ah, le donne! Così può riassumersi il senso di questo racconto volendo giungere a una suprema sintesi. E prima di essere azzannato alla gola (o di far azzannare l’incolpevole Carneiro) mi affretto a spiegare: nessuna satira misogina o antifemminista nell’esclamazione riassuntiva. O meglio, è sicuramente presente, come ugualmente presenti sono elementi di satira antimaschilista (e antimaschile), di satira sociale, di divertita presa in giro delle convenzioni – anche le meno scontate e avvertite – e del conformismo. Per farla breve, l’esclamazione è al femminile perché il protagonista dalla cui prospettiva osserviamo gli eventi (e l’autore del racconto…) è un uomo; ma avrei potuto scrivere benissimo anche Ah, gli uomini!, o ancora meglio Ah, gli esseri umani!. Se non l’ho fatto è perché non hanno la stessa forza d’impatto ;-).
Echi sheckleyani attraversano non a caso le pagine della breve storia, certamente in uno stile più rilassato e “morbido” di quello al quale l’autore americano ha abituato i lettori; se Robert Sheckley graffia e lacera per affondare urticando la sua satira nel tessuto vivo delle ipocrisie sociali, Carneiro incide antalgicamente e discosta i lembi della ferita: per affondare urticando la sua satira nel tessuto delle ipocrisie sociali. Se, insomma, Sheckley fa uso della ferocia e ghigna, Carneiro distende più le labbra nel sorriso di chi la sa lunga e paternamente, benignamente comprende. Forse, per raggiungere la stessa incisività dello scrittore americano, Carneiro dovrebbe far meno affidamento sul buon senso e abbandonarsi con maggior convinzione all’abrasività satirica; la satira non ha nessun dovere di essere imparziale né sensata, ha un solo obbligo: essere efficace (e sovversiva). Non voglio dire con questo che il racconto di Carneiro sia inefficace. Tutt’altro. E neppure che il progressivo trapasso da un impianto satirico tout court al divertito e complice apologo sull’amore e la vita di coppia sia una banalizzazione. Tanto meno che la riflessione sviluppata da Carneiro sia meno profonda. Lo è di più, se mai: la satira per sua natura è beffarda e non ha riguardi per nulla e nessuno, ma inevitabilmente non si concede l’agio di un vaglio di completa accuratezza. Infatti racconti di Sheckley come Il catalogo delle mogli e Pellegrinaggio alla Terra sono certo più puntuti e diretti nella loro cattiveria – e il secondo raggiunge ferocia ed efferatezza autentiche – ma mancano di certe sottigliezze stilistiche, narrative e anche descrittive del racconto di Carneiro. L’impressione che si ricava dalla lettura è che egli si trattenga su toni oltremodo composti per un eccesso di comprensività e benignità, che si affidi troppo al buon senso e alla ragionevolezza, troppo perdendo in energia della narrazione. In un apologo del buon senso e della ragionevolezza, ciò può risultare effettivamente corretto, ma anche far perdere nettezza alla tesi. Per precisare ancora, il racconto è e resta una breve gemma per la finezza di analisi psicologica e sociale e la raffinatezza del soffuso umorismo dell’autore.
La storia è presto detta: Val-T ama A-Rubi, la sposa e vivranno per sempre felici e contenti. Certo, in mezzo succedono cose. Tipo che Val-T, ligio e timorato cittadino dell’irreggimentata società del futuro prossimo, va dall’infallibile super-computer, il Computer Centrale, che sceglie per lui A-Rubi. Oppure che il super-coso abbia scelto A-Rubi perché era stato sabotato dai terroristi nostalgici del passato. Il matrimonio perfetto, si rivela perciò meno tale di quanto Val-T si attendesse: lui e A-Rubi sono, su molte cose, decisamente meno compatibili di quanto egli fosse in diritto di immaginare. Ma su altre, si scoprono decisamente più compatibili. Alla fin fine, in mezzo a drammi, compromessi, abbandoni minacciati, divorzi incombenti e i parafernalia tutti di un felice rapporto di coppia, A-Rubi e Val-T scoprono il sottile, acuminato, perverso piacere di litigare. E riappacificarsi. In definitiva: confrontarsi e crescere assieme. Ancor più in definitiva, come conclude Carneiro, with a little help from Central Computer. Il racconto è tutto qui, o meglio è tutto nella leggerezza analitica con la quale lo scrittore ci mostra il lento, progressivo e inesorabile mutare, sotto l’influsso della compagna, del povero – pardon, fortunato – Val-T. Le sue naturali, e ragionevoli, resistenze; i suoi naturali, e ragionevoli, cedimenti. I naturali, e ragionevoli, punti dai quali non recede. Fa di nuovo capolino un pizzico di controllo di troppo, ma Carneiro è così abile e amabile nel far scorrere la narrazione che esso non disturba realmente; lascia solo quell’impressione di un tocco di vividezza in meno di quanto sia lecito attendersi da un racconto simile.
L’ambientazione fantascientifica del racconto non è gratuita. Se il tema centrale è senza dubbio quello suesposto, non è poi così vicaria la funzione vicaria che vi ha luogo del classico tema di denuncia del pericolo di spersonalizzazione dei rapporti tra gli esseri umani rappresentata dal prevalere di una civiltà fondata sulle Macchine. Se però il tema amoroso/di coppia è trattato da Carneiro con grande brillantezza d’ingegno, quest’ultimo è invece più scolastico e scontato, e riceve dalla tesi principale molto più di quanto non restituisca in termini di impatto narrativo.
André Carneiro è uno scrittore brasiliano, ben noto nel suo paese a quel che ho potuto appurare in rete. In Italia, assai prevedibilmente, di suo non è arrivato praticamente nulla. Anche la pubblicazione de Il matrimonio perfetto (del quale non sono riuscito a rintracciare il titolo originale in portoghese), è del resto il frutto non di una scelta precisa ma della sua presenza nel The Penguin World Omnibus of Science Fiction, eccellente antologia di autori provenienti dai paesi più disparati, curata nel 1986 da Brian Aldiss e Sam Lundwall e approdata in Italia per la Nord con il titolo Antologia internazionale di fantascienza. Un libro che vale la pena di recuperare: sia per il valore in sé di rapido (e necessariamente limitato) sguardo a una fantascienza altra da quella cui il lettore italiano è abituato; sia per la presenza di alcuni racconti che meritano davvero di essere conosciuti: lo splendido La leggenda dell’astronave di carta del giapponese Tetsuo Yano, o i non meno meritevoli I sei fiammiferi dei fratelli russi Arkadij e Boris Strugatskij e Quo vadis, Francisco? di Lino Aldani.
Nessun commento:
Posta un commento