domenica 14 dicembre 2008

[fantascienza] I contemporanei - la narrativa di Ted Chiang (1967- )



Nei circa diciotto anni trascorsi dal suo esordio letterario nel 1990 l'assai poco prolifico scrittore sino-americano Ted Chiang ha pubblicato dieci tra racconti e novelle, e nessun romanzo. Chiang è spesso indicato negli ultimi anni come il miglior scrittore di fantascienza vivente, e la pubblicazione in poche settimane dell'antologia che raccoglie i suoi primi otto lavori ("Storie della tua vita", per Nuovi Equilibri) e del suo ultimo racconto ("Il mercante e il Portale dell'Alchimista", su Robot n.55) ha finalmente reso possibile una sguardo cronologico, organico e praticamente completo del suo lavoro. Al di là delle iperboli sempre associate alla parola "migliore", non vi è dubbio che Chiang sia della pasta dei Dick, dei Lem, degli Asimov, dei Simak o dell'altra dozzina scarsa di scrittori che hanno fondato, plasmato, trasformato e ogni volta ampliato le strutture, i limiti e le possibilità della fantascienza entro i suoi confini di genere commerciale: rendendola la letteratura che riflette sull'uomo e sulle frontiere che egli affronta: storiche, percettive, conoscitive.

Chiang si presenta in tutto come uno scrittore di fantascienza dell'ultima generazione: la sua narrativa è complessa, articolata, profonda e da seguire con attenzione: a volte i suoi racconti appaiono come piccoli saggi in grado di rendere affascinanti argomenti assolutamente ostici; poderosi nello scardinare le vecchie convenzioni sulla scienza nella fantascienza come puro pretesto per avventure standard mascherate; ciò che lo rende diverso da altri autori di rilievo è che la sua narrativa risulta più complessa, articolata, profonda e da seguire con attenzione della loro; mantenendosi più affascinante nel guidare il lettore attraverso le complessità e i labirinti delle trame; scardinando quindi con naturalezza assoluta e completezza quelle vecchie convenzioni: in Chiang la scienza, e più generalmente le ramificazioni dello scibile e del conoscibile, sono davvero al centro della speculazione e della narrazione. Ed è una scienza - e una conoscenza - pienamente accettata, mai temuta, sempre indagata con curiosità, penetrazione intellettuale e competenza, e il più consapevole infrangere gli schemi intellettuali conformistici. Lo stile è l'architettura comunicativa che contiene e modella questo materiale ispirativo ricchissimo; e ne viene a sua volta influenzato e plasmato. La scrittura di Chiang è articolata e complessa quanto ciò che egli descrive e quanto il fitto ordito delle sue trame. Una scrittura barocca, ma di un barocchismo "scientifico", ritmato dal dipanarsi con implacabilità e precisione matematica degli sviluppi narrativi: nulla davvero è lasciato al caso nei suoi racconti, e ogni elemento si incasella con esattezza; e tutto ciò avviene fino a mostrare al lettore, nei finali, la completezza di un meccanismo che è mirabile gioco a incastro. Ma più che gioco: esecuzione di un programma. Le storie di Chiang posseggono il fascino dei racconti di un bardo moderno, per quanto ardui da penetrare possano apparire al lettore frettoloso. Ci si deve concedere l'agio e il tempo di gustarli.


Seppure il corpus delle sue opere sia così limitato quantitativamente, Chiang vi ha compresso una gran parte delle variazioni narrative che la fantascienza ha elaborato nella sua storia: alieni, superuomini, viaggio nel tempo, storia alternativa, riflessioni sulla religiosità come sulla scienza, rivisitazione e rielaborazione del patrimonio mitologico umano; con irrisoria facilità supera quello steampunk tanto in voga anni fa approfondendone il gioco e arricchendolo di considerazioni sulle modalità della conoscenza. All'interno di questa variegata molteplicità di ispirazioni, vi sono sicuramente dei temi maggiormente ricorrenti e in certo modo fondanti e propulsivi. La comunicazione in ogni suo aspetto è forse il più evidente e importante, e non a caso: alla base di ogni interazione tra esseri intelligenti vi è la necessità di comunicare; e le difficoltà inerenti a questa necessità, gli equivoci e le distorsioni che nascono dalle differenze che segnano il fenomeno rispetto a ciascun individuo, ciascuna cultura, ciascuna specie, non solo sono argomento appetibilissimo di indagine speculativa, ma anche fonte pressoché inesauribile di spunti narrativi tra i più interessanti. L'originale rielaborazione dei miti e delle storie umani è il secondo pilastro della narrativa di Chiang: dal suo primo racconto, "Torre di Babilonia", a quello che per ora è l'ultimo, "Il mercante e il Portale dell'Alchimista", passando per "Settantadue lettere" e "L'Inferno è l'assenza di Dio", Chiang non si limita a usare la sterminata eredità religiosa, mitografica e letteraria dell'umanità per raccontare delle storie su di essa - cosa che ugualmente fa con capacità affabulatoria invidiabile - ma si pone e raggiunge l'obiettivo di analizzare i meccanismi psicologici, culturali, sociali che sono alla base di essa eredità. L'alterità è il terzo aspetto caratterizzante di gran parte del lavoro di Chiang; è banale che la fantascienza descriva un'alterità rispetto alla nostra realtà, e tuttavia troppo spesso se non quasi sempre, questa alterità è tutta di superficie, e basta scrostare un minimo lo strato superiore per veder affiorare un universo narrativo che non si discosta dalla peggiore banalità della letteratura realistica più deteriore, appena mascherata. Le realtà narrative di Chiang sono invece autenticamente altre dalla nostra, eppure molto più aderenti alla sostanza intima della nostra umanità e della nostra identità psicologica e sociale. E universi dove le leggi scientifiche sono completamente stravolte, ma pur obbediscono ferreamente al metodo scientifico; cosmogonie arcaiche che pur si strutturano con maggior coerenza dei voli pindarici di certa moderna cosmologia; il tutto ordinato dall'incessante e accuratissima curiosità indagatrice e chiarificatrice dell'autore: perché la chiarezza è sempre l'obiettivo finale di Chang, che invariabilmente va a bersaglio.


Chiarezza; fascino; complessità; sfida intellettuale; originalità di pensiero: i racconti di Ted Chiang offrono tutto questo, parlando in prima istanza al nostro essere pensante, ma attraverso di esso arrivando alle nostre emozioni a un livello di intimità che non ricordo di aver sperimentato con altri scrittori di fantascienza (e assai raramente in ogni caso). Non è possibile definire convenzionalmente come "divertente" la sua narrativa, ma è perché Chiang ridefinisce, quanto meno in ambito fantascientifico, il contenuto semantico del vocabolo.

lunedì 8 dicembre 2008

[fantascienza] I contemporanei: Coney Island della mente (A Coney Island of the mind - 1993) di Maureen F. McHugh (1959- )

Negli Stati Uniti, dove è nata e vive, Maureen McHugh è considerata tra le principali scrittrici contemporanee di fantascienza, in Italia di suo è arrivato pochissimo. "A Coney Island of the mind" è un breve racconto, che ben rappresenta la fantascienza dei nostri giorni: si potrebbe definirlo cyberpunk - e in superficie lo è - se non fosse che in realtà ciò di cui parla è l'amore. Definirlo un racconto d'amore è in parte inesatto - non è precisamente un racconto d'amore ;-) - ma cercherò di spiegarmi con maggiore accuratezza tra poco. Per ora diciamo d'amore, ai tempi futuri (ormai presenti?) della realtà virtuale. L'amore ai tempi del cyberpunk, o l'amore cyberpunk tout court: l'ambientazione è quella, almeno. Si tratta di ambientazione, atmosfera, sfondo: la McHugh è poco interessata alle trasformazioni che la tecnologia potrebbe provocare nell'uomo, e focalizza la sua attenzione sui punti fissi dell'agire umano - nonostante i mutamenti tecnologici. Non l'uomo cablato o l'ibrido uomo-robot di molta sf recente, ma un uomo simile a noi alle prese con i nuovi mezzi tecnologici a sua disposizione. Da una parte è una scelta che appare meno coraggiosa, d'altro canto permette di rapportarsi in modo più immediato alla nostra realtà e di proporre uno sguardo più "panoramico" sull'umanità. Da prima dell'uomo il pavone fa la ruota per attirare la compagna: si maschera. E gli esseri umani tengono lo stesso comportamento: si mascherano, travisano la propria identità. Per presentarsi al meglio, per presentare all'altro o all'altra ciò che egli o ella cerca. Per il puro gusto dell'inganno. Lo scopo è far nascere l'amore nell'altro o nell'altra, o con rapidità e semplicità ottenere sesso. Ecco, questa è la storia da una parte di un predatore in maschera che cerca sesso, e dall'altra di una preda in maschera che per un momento spera - crede - di aver trovato l'amore. L'identità mascherata è ovviamente un tema letterario potente che si presta come pochi altri a sondare la psicologia umana; sulla breve lunghezza di questo racconto non vi è spazio sufficiente per un'analisi profonda, e tuttavia la McHugh è abile nel buttare lì con sbadatezza sardonica un paio di osservazioni centrate sulla natura umana. Sul bisogno di mascherarsi che è nella natura umana, pulsione propria prima ancora che finalizzata ad altro; sulla necessaria complicità dell'ingannato a farsi ingannare dall'ingannatore; sull'effetto consolatorio e ludico della menzogna. "A Coney Island of the mind" non raggiunge, nel campo della sf, la complessità immaginativa e l'analiticità sociale e psicologica de "Il Faleno Lunare", uno dei più bei racconti del decano della fantascienza Jack Vance, tuttavia instrada bene il lettore sui binari di una riflessione che parte dal futuro prossimo per mostrargli una delle più tipiche coazioni a ripetere della nostra specie. Chi siano nella realtà reale Cobalto e Lamia, i protagonisti della storia, Maureen McHugh non lo dice in modo esplicito, ma lascia che le azioni nella realtà virtuale parlino per loro. L'alternarsi dell'eleganza della prosa nelle parti descrittive e "romantiche" con uno stile colloquiale e in slang nel dialogato è di particolare efficacia in questa azione rivelatoria per accenni. Certo a Cobalto avrebbe giovato qualche incursione in meno nelle sue geografie mitiche moderne - Coney Island oltre che il luogo virtuale dell'azione è qui il simbolo della possibilità infinita, della libertà della vita romanticamente intesa, come chiarisce il richiamo esplicito a "I guerrieri della notte" di Walter Hill (a parte Ferlinghetti, cui si richiama ancor più esplicitamente l'autrice con il titolo, inneggiando alla gioia nella via) - e qualche lettura in più sui miti dell'antichità classica: avrebbe ricordato che le Lamie sono dei predatori sotto false spoglie, dei vampiri ante-litteram. Peraltro, chiunque fosse, Lamia si rivela un predatore abbastanza innocuo che si limita a rubacchiare all'ingenuotto che si finge figaccione un po' di sesso veloce. Pubblicato in origine sulla Isaac Asimov's Science Fiction Magazine, la rivista cartacea più influente degli ultimi trent'anni in USA è un racconto tipico dello stile che è venuto affermandosi sulla rivista, che ha ospitato e ospita le tendenze più moderne e letterariamente ambiziose della sf, e che ha contribuito a imporle.

In Italia è apparso nel 1995 sulle pagine del n.9 della terza incarnazione dell'edizione italiana della Asimov's, quella targata Telemaco/Phenix di Daniele Brolli: una delle tante sue iniziative editoriali malamente finite, probabilmente la migliore e che avrebbe senza dubbio meritato migliore fortuna.