martedì 17 novembre 2009

[fantascienza] Il classico - La ballata di C'Mell perduta (The Ballad of lost C'Mell - 1962) di Cordwainer Smith (1913-1966)



Rileggere oggi la Ballata è restare ancora una volta ammirati dalla leggiadria di Cordwainer Smith, pseudonimo sotto il quale scrisse fantascienza l'esperto in propaganda e guerra psicologica Paul M.A. Linebarger. L'autore del Ciclo della Strumentalità, che raccoglie quasi intera la sua produzione, e del quale il racconto fa parte, aveva una padronanza affabulatoria della lingua, che manipolava con maestria per creare le atmosfere ricche di suggestioni mitiche e coloriture barocche dei suoi lavori, l'eleganza del suo stile descrittivo e l'incisività dei dialoghi nel tratteggio dei personaggi, che si stagliano come figure circonfuse di mito eppure umanissime. La cadenza e il tono del suo narrare, dei quali la Ballata è senza dubbio uno degli esempi migliori, sono quelle dei racconti di gesta, della creazione dei miti eroici dell'umanità. Ma al di sotto, quando Smith parla dei suoi Signori della Strumentalità e degli Underpeople, le creature geneticamente modificate che l'uomo ha creato a partire dalle razze animali rendendole quasi umane nelle fattezze e che sfrutta né più né meno come manodopera schiavile, si avverte l'innestarsi di altri temi sul tronco di questa sua fucina di leggende del futuro.


C'Mell è una gatta, dunque in senso proprio: la "C" preposta al suo nome ne ricorda le origini: cat. I suoi figli nascono a cucciolate. Prima di quelli creati in laboratorio come creature senzienti e raziocinanti, dotate delle stesse emozioni e delle stesse paure degli uomini, i suoi antenati erano umili felini domestici. C'Mell è bellissima, anche per occhi umani, e non a caso è una delle creature destinate dai Lord della Strumentalità, i potenti decisori dei destini dell'uomo, ad allietare ospiti di riguardo. Lavora all'astroporto nelle funzioni che oggi si direbbero quelle di una escort per potenti utilizzatori finali. Nel senso e modo più alti, è una geisha allevata allo scopo. Ed è in possesso di maniere squisite e doti non solo fisiche per essere perfetta nei suoi compiti. Ma è anche una donna sensibile, che prova paura e ha coraggio, che conosce l'amore filiale e non, che conosce la sofferenza e la speranza. Al funerale di suo padre, ex atleta underpeople tra i maggiori e dunque una sorta di personalità nonostante l'appartenenza alla sua umile subumanità, C'Mell incontra uno dei Signori della Strumentalità: Lord Jestocost. E' mirabile come Smith costruisca questo suo personaggio, come ne esca il ritratto di un idealista e di un uomo estremamente credibile e al tempo stesso lontano dal nostro quotidiano sentire: una creatura del futuro pur nell'umana inalterabilità. Jestocost è impregnato dello spirito della sua casta privilegiata ma diversamente da quasi ogni altro Lord il suo spirito non è chiuso in sé stesso, è anzi estrovertito e diretto verso gli altri e il futuro. Non può non esserci, e infatti c'è, del paternalismo nello slancio di Jestocost nei confronti degli Underpeople, ma si tratta di un paternalismo sincero e generoso, probabilmente originato ma non inquinato da un'acribia intellettuale. Dettato anche da un senso della responsabilità di chi più può verso coloro che possono meno, che è merce rara tra i potenti di ogni luogo e tempo. Attraverso C'Mell Lord Jestocost contrarrà un patto con I'Telecheli, l'ultraumano potente protettore degli Underpeople, e con un certosino e paziente lavoro di decenni e decenni arriverà a ottenere l'emancipazione per essi; e c'è come un'eco del lavoro di Paul Linebarger in questa opera diuturna di lavorìo sotterraneo. Se il racconto della Ballata si esaurisse in questa parabola della lotta per i diritti civili (il racconto è del 1962) secondo una temperata interpretazione delle battaglie del reverendo King esso sarebbe comunque molto bello e molto degno, ma non certo il capolavoro che è. E' impossibile infatti ignorare del tutto quel sostrato di paternalismo che vela il fulgido meccanismo descrittivo linguistico e la raffinatezza dei ritratti di Jestocost e C'Mell. Se finisse qui, il tema fin troppo scoperto e troppo facilmente ricondotto a soluzione attraverso i dettami della buona volontà e della speranza salvifica si esaurirebbe mostrando/magnificando che come d'abitudine buona volontà e speranza sono in conto a chi sta peggio, a chi non ha nulla: perché arriverà un salvatore. Ma non c'è solo questo.

L'amore che nasce e mai sarà consumato tra il Lord della Strumentalità e la ragazza-gatta è narrato da Cordwainer Smith con una finezza introspettiva rara e una vena lirica autentica che rendono la loro storia d'amore "alieno" tra le più struggenti della fantascienza. Qui la metafora è molto più incisiva ed efficace, molto più potente che nella rappresentazione della lotta per i diritti civili dei neri - pardon, degli Underpeople. La tensione irrisolta tra loro alimenta un'atmosfera di grande sensualità lungo tutto il racconto; ma ancor più un senso di perdita e struggimento, un fondo di malinconia che non è superato neppure nel finale che pur dovrebbe essere trionfale. Entrambi, il potente Signore della Strumentalità e l'umile underpeople saranno sempre coscienti che una unione tra loro avrebbe rappresentato un pericolo per il disegno politico di Jestocost e la sicurezza del suo rapporto con I'Telecheli. Non c'è tragedia nel racconto di questa rinuncia ma una fortissima emozione di rimpianto filtrata da una narrazione nel registro del mito: la ballata del titolo è appunto il precipitato della grande e leggendaria storia di C'Mell e Jestocost nell'alveo di una cultura popolare che si appropria degli individui reali per restuirne gli eroi. L'autore gestisce i toni del rimpianto in modo particolare nelle scene in cui C'Mell e Jestocost sono separati e quindi più immediato è il senso della loro forzata non appartenenza e dell'ingiustizia profonda della loro condizione..

Il Ciclo della Strumentalità è stato pubblicato in Italia nella sua interezza una ventina d'anni fa da Fanucci. La Ballata ha avuto altre edizioni, sotto diverse varianti del titolo che qui utilizzo ed è quello che preferisco (C'Mell diventa spesso G'Mell, per ovvii motivi), tra le quali La Ballata di G'Mell innamorata nel volume relativo all'anno 1962 della serie antogica retrospettiva curata da Isaac Asimov e Martin H. Greenberg e dedicata ai migliori racconti selezionati anno per anno, titolo che perde il forte senso di malinconia di quel "lost". Il volume uscì nei Classici Urania. La sua reperibilità, come quella dei due volumi Fanucci con il Ciclo e altri dove il racconto è apparso, è al solito problematica.

domenica 1 novembre 2009

Aliens

Scrivevo recentemente che è difficile immaginare la fantascienza senza la figura dell’Alieno. Alieno non come metafora dell’Altro-da-noi (cosa frequentissima in fantascienza, a ogni modo), ma proprio nel significato suo più ovvio assunto nel tempo: la creatura extraterrestre. O comunque la creatura diversa dall’uomo. E nel tempo, la figura dell’Alieno è stata trattata dagli scrittori di fantascienza in modi anche estremamente diversi tra loro, così che essa è tra le più sfaccettate delle grandi icone dell’immaginario prodotte dalla sf. Anche perché, naturalmente, essa resta comunque la metafora dell’Altro-da-noi, il nostro vicino. Temuto, desiderato, amato, odiato, invasore, soccorritore, corruttore dei nostri pensieri e costumi, sentina di ogni vizio e modello di ogni virtù, derelitto al quale tendere la mano e sfruttatore, preda e cacciatore. Così Altro-da-noi, appunto. E così uguale a noi.


Di seguito propongo in ordine cronologico un (sintetico) percorso di lettura sull’Alienità in sedici romanzi, che non pretende in alcun modo di essere esaustivo, cosa che ben difficilmente si riuscirebbe a essere in un campo multiforme come è quello della science-fiction (per cui mancano titoli che sembrerebbero ovvii), ma che può essere preso come una piattaforma – una delle tante possibili - per addentrarsi nei meandri dell’argomento.




Invasori

La guerra dei mondi (The war of the worlds – 1897)

di

Herbert George Wells (1866-1947)

Wells gioca come nessuno con la paura dell’Altro che è insita nel concetto di alieno. I suoi marziani sono crudeli e inumani perché sono la proiezione della paranoia dell’uomo, del suo terrore per l’ignoto. Per l’intrusione e l’invasione da parte dell’ignoto. Paura dello stupro e della rapina. Paure per altro che hanno un giusto fondamento nella storia dell’uomo. E sono proiezione di quel sottile timore dei cittadini di ogni impero di trovarsi, un giorno, al cospetto e alla mercé di altri, come tanti altri lo sono stati al proprio cospetto e alla propria mercé. Un romanzo non soltanto (e non tanto) seminale, quanto davvero fondante di uno degli aspetti principali della letteratura fantascientifica.


Burattinai

Schiavi degli Invisibili (Sinister barrier – 1939)

di

Erik Frank Russell (1905-1978)

Britannico al pari di Wells, Russell scrive quarant’anni dopo, dando corpo a una variante importante della paranoia illustrata da Wells. I suoi invasori, i Vitoni, ci hanno già invaso. Ci hanno già stuprato e rapinato, solo che l’umanità non ne è cosciente. Essi fanno dell’Uomo come della propria marionetta, spingendolo a farsi la guerra, a uccidersi, a odiarsi; per potersi pascere delle emozioni umane. E’ la paura di non essere padroni di noi stessi, di perdere il nostro libero arbitrio. Sinister barrier è poi un romanzo d’avventura, e risolve di conseguenza la situazione; ma è un signor romanzo d’avventura, ancora a settant’anni dalla sua prima pubblicazione.


Vittime dell’Uomo

Cronache marziane (The Martian Chronicles – 1950)

di

Ray Bradbury (n.1920)

La storia umana è abbastanza lunga da sapere che il pericolo rappresentato dall’Alieno è molto concreto, non è solo la proiezione delle nostre paure: è anche memoria. E la nostra storia è anche abbastanza lunga da sapere che il ruolo della vittima e quello del carnefice sono facilmente interscambiabili: oggi a me e domani a te. Il libro di Bradbury non è un romanzo, ma la raccolta di racconti tra loro collegati scritti nel corso degli anni ’40 del XX secolo, e mostrano l’Uomo nel ruolo di carnefice, o quanto meno di noncurante sfruttatore. I marziani di Bradbury sono un popolo morente, esangue, che prima di ogni altra cosa l’umanità si “limita” a ignorare e non comprendere; per abbandonarli al loro destino di morte.


Controllori

Le Guide del Tramonto (Childhood’s end – 1953)

di

Arthur C. Clarke (1917-2008)

A volte gli invasori strapotenti sono (o paiono essere…) animati da intenzioni benigne nei confronti di quei primitivi che sono gli uomini. Nonostante il loro demoniaco aspetto, i Superni di Clarke, nuova evoluzione dal ceppo originario wellsiano, sembrano animati unicamente dalla volontà di sollevare l’umanità dal giogo della guerra, della fame e così via. Che le cose stiano in tal modo o meno, gli alieni dello scrittore britannico tolgono all’uomo il suo bene spirituale più prezioso: la possibilità di decidere per sé. E se manca questa possibilità l’uomo cessa di essere libero e possedere una dignità propria…


Alieni da ridere… o no?

Marziani andate a casa! (Martians go home! – 1955)

di

Fredric Brown (1906-1972)

A volte gli alieni sono davvero omini verdi da Marte, che come tali invadono la Terra. L’invasione dei marziani di Brown sembrerebbe tutta da ridere (e lo è, per l’umorismo surreale di cui è capace l’autore americano); ma provatevi voi ad avere a che fare con degli omarini verdi che sono maligni, ficcanaso, rompiscatole, beffardi, fastidiosi alla potenza ennesima. Dei quali non potete liberarvi e ai quali non potete fare nulla. Forse ridereste di meno. La satira di Brown usa tutta la forza del paradosso per far ridere e far riflettere sulla natura della realtà e della fantasia, e in ultima analisi dell’uomo.


Alieni da ridere… oh sì!

Hoka sapiens (Earthman’s burden – 1957)

di

Poul Anderson (1926-2001) e Gordon R. Dickson (1923-2001)

E a volte gli alieni sono davvero da ridere e basta. Umorismo strabordante e una garbata satira di costume sono i tratti distintivi di questa antologia che raccoglie una gran parte dei racconti del ciclo degli Hoka del pianeta Toka di Anderson e Dickson. Gli Hoka sono una delle varianti “aborigene” dell’Alieno, come esemplifica bene il titolo originale del libro: il “Fardello dell’uomo terrestre” non è però tanto (non solo) quello di provarsi a far progredire gli ancora abbastanza primitivi tokani (come il peloso interesse degli europei ammantava di nobiltà lo sfruttamento coloniale), quanto piuttosto il dover sopportare l’amore smodato che le pestifere creature hanno per la cultura terrestre e che manifestano attraverso la mimesi di comportamenti da essa mutuati. Il che provoca molti guai divertenti. E al di sotto, talvolta il garbo di Anderson e Dickson si fa più graffiante.


Parassiti

I figli dell’invasione (The Midwich cuckoos – 1957)

di

John Wyndham (1903-1969)

Gli invasori del romanzo di Wyndham rappresentano una pericolosa variante di quelli ben esemplificati nel romanzo del suo conterraneo Russell citato prima. Essi si insinuano tra di noi scopertamente, andando a incistarsi nel rapporto che la nostra cultura ha elaborato come il più sacro: quello tra madre e figlio. Proprio come i cuculi del titolo originale. Il rapporto con l’Altro è rapporto di forza per il controllo del territorio, delle risorse; per la perpetuazione della specie. Lo stile pacato di Wyndham è particolarmente efficace nel costruire le sottigliezze psicologiche che si dipartono da tali nudi e semplici fatti. La guerra è dichiarata, al vincitore spetterà il futuro.


Agenti del caso

La nuvola nera (The Black Cloud – 1957)

di

Fred Hoyle (1915-2001)

Hoyle è stato un astronomo di rilievo, ha utilizzato la letteratura di fantascienza per riflettere sulla natura della scienza e delle relazioni tra gli uomini. La sua Nuvola Nera è una forma di vita aliena colossale in rotta di collisione con la Terra, è un semplice accidente naturale. Cosa accadrebbe sul nostro pianeta se davvero un simile accidente naturale avvenisse? Hoyle usa l’Alieno (e la catastrofe che porta con sé) per far emergere e poter mostrare le reazioni umane, studiandole con l’occhio analitico dello scienziato vero


Enigma

Solaris (id. 1961)

di.

Stanislaw Lem (1921-2006)

L’alieno c’è; è il pianeta stesso, Solaris. Un alieno inattingibile e inconoscibile, che sfugge a ogni tentativo di comprensione da parte degli scienziati umani che ne studiano l’enigma. Solaris respinge ogni tentativo umano di conoscerlo, proiettando sugli uomini le loro ossessioni, le loro fobie, tutto il potenziale patogeno del loro inconscio. Ancora di più, mette l’uomo di fronte ai propri limiti: conoscitivi e della ragione. Di fronte alla sua pochezza rispetto alla complessità e vastità dell’universo. Attraverso la propria assoluta alienità, Solaris mostra all’uomo che, nell’universo, egli non è che un alieno, ovvero, come ogni altro, peculiarmente diverso e alieno da ogni altra forma di vita. Forse è proprio l’Uomo l’enigma più grande che emerge dalle pagine del romanzo del maestro polacco.


Amico

Chocky (id. – 1968)

di

John Wyndham (1903-1969)

In questo delicato romanzo, una delle sue ultime opere, lo scrittore britannico offre una delle rappresentazioni migliori dell’alieno come amico. Egli opera su un piano minimo, ma certo non minimale. Chocky è infatti un essere che stabilisce un rapporto telepatico con un bambino, Matthew, divenendone amico e mentore. I guai nasceranno dall’interesse delle autorità per i “poteri” che questa relazione speciale pare generare in Matthew. Una trama semplicissima, vivificata dalla maestria di Wyndham nel ritratto psicologico e dalla sua capacità di avvicinare il lettore al mondo di Matthew e di Chocky.


Civiltà aliene

La mano sinistra delle tenebre (The left hand of darkness – 1969)

di

Ursula K. Le Guin (n.1929)

A volte è la civiltà aliena nella sua globalità biologica e culturale ad assumere il ruolo di protagonista. E di specchio per la riflessione e il percorso di conoscenza e coscienza dell’uomo. Nel romanzo di Ursula Le Guin il mondo alieno di Inverno è il luogo delle esplorazioni – geografiche, sociologiche e morali – del protagonista umano. La chiave per giungere a una comprensione della complessità del mondo e della coscienza. E di sé.


Desiderio

Progetto stelle (The Listeners – 1972)

di

James E. Gunn (n.1923)

Rititolato più correttamente Gli Ascoltatori in occasione della sua ultima ristampa, il romanzo di Gunn, che narra la lunga storia di un progetto di “ascolto” di eventuali segnali dal cosmo, è un inno lirico al bisogno dell’uomo di non essere solo, di non sentirsi solo. Di essere parte di una comunità. Che sia, nella realtà, quella umana, o come in un romanzo di fantascienza quella dell’universo e delle sue eventuali altre specie senzienti, questa tensione poetica, questo desiderio spasmodico dell’uomo è una categoria a sé del concetto di Alieno; e prescinde dall’esistenza materiale o meno dello stesso.


Uomo

Alieno in croce (Weeping may tarry – 1978)

di

Lester del Rey (1915-1993) e Raymond F. Jones (1915-1994)

A volte, l’alieno è l’uomo. Nel senso più completo della faccenda. Nel tardo romanzo dei due veterani Jones e del Rey, la Terra, dove l’uomo non esiste più, è visitata da una spedizione di esseri scagliosi di colore verdastro. Toreg, il sacerdote accompagnatore della spedizione e guardiano a custodia dell’ortodossia dei suoi membri entrerà qui in contatto con la cultura terrestre, con le vestigia di essa ancora intatte o reperibili. Con i suoi simulacri. E lentamente, in modo terribilmente destabilizzante, quell’alieno in croce muterà qualcosa dentro di lui… l’Altro è davvero corruttore dei nostri costumi?


Compagni di viaggio?

Stelle morenti (Étoiles mourantes - 1999)

di

Ayerdhal (pseud. Di Marc Soulier n.1959- ) e Jean-Claude Dunyach (n.1957)

Nel grande affresco cosmico dei due autori francesi (qui la mia recensione: http://olivavincenzo.blogspot.com/2009/08/fantascienza-i-contemporanei-stelle.html) gli alieni, ovvero le grandi creature-città appaiono talvolta come amici sinceri, talaltra come paternalistici direttori della vita e dello sviluppo dell’umanità. Altre volte ancora come cospiratori. Ma al di sopra di tutto finisce per emergere, forse, quello che è il destino comune: uomini e Animali-Città sono compagni di viaggio nelle immensità dello spazio, e a loro spetta di trovare i modi e tempi di una coesistenza e magari collaborazione. Spira un messaggio di fratellanza scevro di illusioni e facilonerie e anzi ben conscio di ogni difficoltà. Ma conscio anche che ogni alternativa è un fallimento certo, a fronte di uno che è solo possibile.


Ambiguità

I protomorfi (Camouflage – 2004)

di

Joe Haldeman (n.1943)

L’ambiguità è un elemento di base nella mitologia dell’Alieno costruita dalla fantascienza. Di per sé l’Alieno è un oggetto dei desideri e delle paure, può essere buono o cattivo; amico o nemico. In tal modo riflettendo la dicotomia Jeckyll/Hyde che è interna all’uomo: in una nuova dimensione di ambiguità l’alieno trova così un'altra via per porsi come riflesso dell’uomo. Ne I protomorfi Haldeman mette in scena un’invasione aliena minima – due individui – iniziata in tempi preistorici e che si protrae tutt’ora. Il lungo percorso di differenziazione tra i due individui è il cuore narrativo ed estetico del romanzo, e la costruzione (e decostruzione) della loro alienità un esercizio di abilità letteraria da parte dello scrittore americano. Ed è forse in questa chiave di finale differenziazione, di sdoppiamento definitivo dell’alienità (e dell’umanità) che trovano giustificazione le ultime battute del romanzo, in apparenza deboli rispetto a quanto le precede.


Non siamo soli

Il quinto giorno (Der Schwarm – 2004)

di

Frank Schätzing (n.1957)

Presupposto dell’Alieno in fantascienza è che l’uomo non sia il solo, questo è pacifico. Il ciclopico romanzo di Schätzing, però, esplora una ben precisa sfaccettatura, che oggi ci appare ben remota, di questa non solitudine umana. Eppure egli sa renderla se non del tutto credibile sicuramente affascinante, e perfettamente credibile all’interno della sua narrazione: l’uomo non è solo sulla Terra. Lungi dall’essere un libro meramente commerciale (che ha avuto un grande successo commerciale…), Il quinto giorno nell’esplorare il concetto stesso di alienità mettendo l’uomo a confronto con un alieno terrestre, “domestico” e dunque titolare dei suoi stessi diritti, si sofferma con grande vigore sui temi dell’ecologia e della salvaguardia dell’ambiente, della coesistenza e dell’impatto della scienza e delle sue scoperte sulla filosofia e la religione.