Americano del Nebraska, Robert Reed ha ormai sulle spalle un'attività letteraria più che ventennale nel corso della quale ha pubblicato una dozzina circa di romanzi e una copiosa messe di racconti. Resta poco conosciuto qui da noi perché di quanto ha scritto è giunto poco in Italia, solo un certo numero di racconti e novelle sparsi per lo più nelle antologie periodiche dei Millemondi di Urania. E' un ospite molto frequente delle varie antologie annuali che raccolgono il meglio della narrativa breve di fantascienza, un merito in genere confermato dalla lettura dei suoi racconti apparsi anche in italiano. Come è il caso di questo, appena pubblicato sul più recente numero (il 57) di Robot.
Reed è un biologo di formazione, in genere molto attento al dato scientifico nella sua narrativa, e in particolare ai riflessi sulla società umana che le estrapolazioni scientifiche utilizzate nelle sue opere potrebbero avere. Ambientato a pochissimi anni nel nostro futuro, questo breve racconto è un buon esempio di questa caratteristica dell'autore, cui si aggiunge una riflessione soffusa di
leggerissima ironia sui meccanismi della società dello spettacolo in genere, e in modo particolare della televisione, delle sue modalità di produzione e fruizione. Il titolo si riferisce agli otto episodi di uno stranissimo telefilm americano di fantascienza, inizialmente così sottovalutato e in apparenza mal fatto, da essere cancellato dopo soli otto episodi di programmazione. Ispirandosi sicuramente alle sorti della serie originale di Star Trek, assurta a mito qualche anno dopo
essere terminata, Reed mostra come un pubblico ristretto ma appassionato e altamente qualificato - tutti scienziati - decreti a posteriori il successo di Invasione di un piccolo pianeta. Con uno stile piano e quasi ipnotico, Reed architetta abilmente il parallelo tra il destino del serial e il progressivo nascere e poi svilupparsi del dubbio che dietro di esso vi sia davvero un'invasione aliena. O più correttamente, forse, una "visita" da parte di inattesi ospiti antichissimi. Visita molto sui generis, per altro. Il tema, che sia l'invasione vera e propria in stile marziani di Wells o meno, è dei più antichi e caratterizzanti della fantascienza, ma Reed riesce a trattarlo con un timbro molto personale ricavandone un racconto quasi sardonico; di certo in grado di stuzzicare vivacemente la curiosità del lettore e fargli inarcare un sopracciglio divertito. Costruendovi attorno un'ipotesi affascinante, semina il dubbio se effettivamente si
tratti di un'invasione/visita, o se invece non sia un pacifico modo per scongiurare visite (o peggio) da parte nostra. Reed non lo dice, ma tutti sappiamo come non sia molto igienico suscitare la curiosità degli umani; foss'anche per mostrar loro che una cosa è impossibile ;-).
Nell'economia delle poche pagine di Otto episodi Reed riesce a fare davvero molto. Sviluppa in chiave attuale un plot classico e assai visitato del genere; offre un flash satirico molto acuto sui meccanismi dei nostri divertimenti televisivi; crea un'effetto di divertita e divertente storia nella storia. Fa appassionare alle stranezze di Invasione di un piccolo pianeta, dei suoi personaggi mille miglia lontani dagli standard televisivi di maggior (e miglior)
successo. Un racconto cui calza a pennello la definizione di speculative fiction coniata a suo tempo da Heinlein e che la ricchezza di suggestioni compresse nella sua brevità rende sfizioso da leggere, come un assaggio delle potenzialità della fantascienza. Un piccolo, grande racconto.
Letture e visioni 2020
3 anni fa
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