lunedì 19 ottobre 2009

[fantascienza] I contemporanei - Chernobyl nervosa (Our neural Chernobyl - 1988) di Bruce Sterling (n.1954)

"Visti in retrospettiva, la fine del ventesimo secolo e i primi anni del nostro millennio formano un'unica epoca. Questa infatti era l'Epoca dell'Incidente Consueto, periodo durante il quale la gente accettava con allegra leggerezza rischi tecnologici che oggi verrebbero considerati pura follia."


La fantascienza è una letteratura escapista, che parla di improbabili futuri, alieni bizzarri e astronavi che viaggiano alla volta di galassie lontane. Sarà. Cioè, sarà così per chi non ne ha mai letta una riga. O per chi non ne ha capito un tubo. L'incipit di Our neural Chernobyl è una delle migliori definizioni di fantascienza che io abbia mai letto: un continuo riflettersi di passato, presente e futuro, in un gioco di specchi. Gioco speculativo ed estrapolativo. Tutto questo non esclude minimamente il sense of wonder; né implica che non vi siano storie leggere o puramente avventurose, sia di perfettamente godibili che di ignobili (il cinema, di queste ultime, ne sforna a getto continuo). Ma il nucleo, il nucleo filosofico oserei dire, della fantascienza, è tutto racchiuso in quelle poche parole all'inizio del racconto di Sterling: usare la lente d'ingrandimento del futuro per indagare sul presente e riflettere sulla natura dell'uomo, nel passato come sempre.


Grande Babalao* del cyberpunk, di cui curò l'antologia-manifesto, Mirrorshades, Bruce Sterling è una figura esemplare di intellettuale impegnato; ma non nel senso dispregiativo che qui da noi in Italia - giustamente - quasi sempre si accompagna alla definizione. L'autore americano ha costantemente affiancato a quella di scrittore un'attività, forse addirittura prevalente, di operatore culturale militante nello studio e nella diffusione delle conoscenze in merito alle nuove tecnologie e, ancor più, ai loro riflessi sociali ed economici. Un'attività di sensibilizzazione sulle potenzialità della scienza e della tecnologia e i pericoli di un loro uso distorto a opera di potentati economici e politici.


Chernobyl nervosa
è un ottimo esempio, sul piano invece dell'opera letteraria, di questa sua tensione, questo interesse per una presa di consapevolezza del grande potere che scienza e tecnologia hanno posto nelle mani dell'uomo. Il racconto si presenta sotto forma di articolo giornalistico/recensione libraria di un saggio di storia della scienza scritto da un guru della neurochimica del futuro prossimo, a proposito della "Chernobyl nervosa". Sterling è lontano qui, dai labirinti algidi e dalle piste infinite di bit della realtà virtuale, il topos che generalmente è associato all'estetica cyberpunk. E' dalla chimica e dalla biologia, dal sottobosco della genetica affrontata con la leggerezza incosciente della sfida intellettuale vissuta per gioco e gusto del pericolo (dalla hybris in ultima analisi) che scaturisce la "Chernobyl nervosa". Sfruttando i meccanismi di riproduzione del codice genetico del virus dell'AIDS, viene creata una sorta di "droga" in grado di moltiplicare a dismisura le cellule e i collegamenti neuronali collegati all'intelligenza. Tutto molto bello? Non esattamente. Gli esseri umani hanno sviluppato, a quanto pare come effetto collaterale della loro storia evolutiva, una resistenza naturale a tale "droga", e la trasmissione del "virus" da individuo a individuo è, nella specie umana, molto rara. Per fortuna, perché gli effetti della "droga", sintetizzata da un supernerd tanto genialoide quanto socialmente disadattato, causano una sorta di stupore catatonico da eccesso di intelligenza. Per sfortuna, però, gli esseri umani possono trasmetterlo agli animali. E ovviamente accade subito. Cani e gatti paiono sotto controllo; ma in pochi decenni simpatici animaletti come coyote, gatti selvatici, procioni sembrano aver compiuto un progresso evolutivo normalmente stimabile nell'ordine dei milioni di anni. L'uomo non è più solo. O non lo sarà. Per fortuna, di nuovo, il loro robustissimo sistema immunitario pare rendere i ratti refrattari agli effetti dell'"infezione". E i nuovi gatti dovrebbero risolvere il problema ratti prima di un'eventuale caduta delle loro barriere immunitarie.


Questa la trama, in fondo piuttosto semplice e quasi banale, comune a tante storie di scienza malvagia o impazzita. Quel che un riassunto non può comunicare è l'ironia, a tratti decisamente feroce, di Sterling. Né la profondità della sua analisi sociale e psicosociale. L'artificio dell'articolo/saggio è particolarmente efficace perché permette all'autore di esercitare un distacco che assume naturalmente il tono dell'autorevolezza. Un tono che gli consente di frustare questi nostri tempi superficiali e pericolosi con una cattiveria fredda e quasi crudele. L'ironia è però l'arma che Sterling utilizza per schiaffeggiare anche la boria del suo recensore, uomo del tardo XXI secolo (nel quale, ancora, inevitabilmente è ritratta la nostra boria, il senso di onnipotenza che ci sta invadendo - o forse meglio, che ci stava invadendo nel 1988). In un finale che non svelo, la punizione di questa acribia appare decisamente dura. Così come l'ingenuità del recensore ci appare particolarmente... nostra.


Sterling non ricalca il cliché, diffuso molto oltre quanto sia lecito attendersi, dello scrittore di fantascienza sospettoso della scienza. Egli non sospetta della scienza, ma, molto correttamente, dell'uso che l'uomo può fare di quel prodotto della scienza che è la tecnologia. La contromisura, lampante, è l'uso della ragione e lo sviluppo della conoscenza. O se si preferisce, è la consapevolezza. Consapevolezza cosciente, in primo luogo, che nulla deve mai essere dato per scontato, e che l'attenzione deve essere tenuta sempre desta.


Raccontata così, sembra una tirata moralistica, ma a leggere il racconto non si ha mai un'impressione del genere. Lo stile sferzante di Sterling pressa il lettore e lo sollecita a seguirlo in quella che realmente è un'affascinante avventura intellettuale. Un'ipotesi ardita, ma che giorno dopo giorno appare sempre più possibile. Non sarà questa, sarà un'altra. Simile o non troppo simile. Ma ugualmente pericolosa, se non ne avremo consapevolezza. Il cerchio è chiuso. Il nostro passato, il nostro presente, il nostro futuro, la natura dell'uomo li attraversa; la natura dell'uomo deve mutare oggi che la scienza ci ha posto in mano strumenti di una potenza mai sperimentata in precedenza. Dobbiamo dimostrare di non essere solo capaci di fare la scienza, ma anche di comprenderne le implicazioni. E quindi di padroneggiarne i risultati ai fini di una loro reale utilità. Non sotto il profilo bruto del loro utilizzo materiale, ma delle conseguenze di lungo periodo. Che magari non riguardano noi tutti, ma la discendenza di tutti noi.


Il racconto è apparso in Italia sul Millemondinverno 1989 di Urania, ed è stato successivamente ristampato in più occasioni. La versione originale è online in formato pdf a questo indirizzo:

http://www.kenshinvu.com/download/matrix/Science%20Fiction%20&%20Fantasy%20eBook%20Master%20Collection%20M-Z/Sterling,%20Bruce/Bruce%20Sterling%20-%20Our%20Neural%20Chernobyl.pdf


* http://en.wikipedia.org/wiki/Babalao

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