martedì 9 febbraio 2010

[fantascienza] I contemporanei - Il quinto principio (2009) - di Vittorio Catani (n.1940)

Avendo esordito quasi cinquant'anni fa, Vittorio Catani è un veterano della sf italiana; e senza dubbio ne è uno degli scrittori più rappresentativi. Il quinto principio è tuttavia appena il suo secondo romanzo; il primo essendo stato il pregevole Gli universi di Moras che inaugurò il Premio Urania nel 1989. Gran parte della sua produzione di racconti e novelle è stata raccolta abbastanza di recente nel corposo volume L'essenza del futuro edito da Perseo (oggi Elara).


Non è facile commentare quest'opera. Nella sua vastità è fin troppo compressa; nella sua dispersività esige che il lettore ne rintracci la ferrea coerenza. Un tentativo si può fare iniziando dai difetti ancor prima di accennare alla trama. Difetti che sono presenti eppure a ben vedere tali non sono. La critica non è una scienza esatta - e tanto meno lo è un'analisi fatta in economia come questa. Non esistono regole valide per ogni libro, e se esistessero tanto varrebbe smettere di leggere perché da millenni più nessun libro sarebbe in grado di far provare nuove emozioni. Di un libro (come di qualsiasi prodotto creativo dell'ingegno umano) si può tentare di individuare le caratteristiche e ragionarci sopra, cercando di comprendere come funzioni, se funzioni, e se quel funzionamento sia efficace in rapporto all'opera.


Il quinto principio è un romanzo indubbiamente didascalico. In taluni passaggi Catani ardisce profondersi esplicitamente nelle spiegazioni. Se vogliamo, esso ha perfino una morale. Ma è proprio per queste caratteristiche che funziona così bene. Che si configura realmente come opus magnum dell'autore e della sf italiana. Ha una morale, ma non è mai, in nessun momento, moralistico. E' da quella morale, che si percepisce quasi da subito e che passo passo diviene sempre più concreta, che si ricava il forte senso di indignazione che l'autore trasmette e che il lettore fa proprio. E' ancora questo impianto morale lucido e virulento, e nonostante tutto mai domo o sconfortato, a rendere necessaria - e leggera - la forte sensazione di assistere a una lezione prima che di star leggendo una storia. E' questo a rendere la storia appassionante, coinvolgente E molto, anche. Certo devi essere bravo per riuscirci. Catani ci riesce perché fa uso di una lingua ricca e complessa, e modulata perfettamente sulle esigenze di una narrazione che alterna sequenze intensamente drammatiche e distese spiegazioni; che deve suscitare di volta in volta un profondo orrore interiore o l'intuizione di una gioia infinita. Non è stato raro, in questi ultimi lustri, imbattersi in autori che appoggiano un talento esitante all'imitazione pedissequa di certi stilemi del cyberpunk; o sfruttano la moda delle contaminazioni con il thriller o il noir, infarcendo i loro libri di effettacci grandguignoleschi gratuiti e sparandole sempre più grosse per impedire al lettore di soffermarsi sul vuoto di quel che scrivono e sulla banalità di una scrittura epidermica.  Se poi i lettori si fanno abbindolare avranno anche ragione, questi balbettanti campioni del vuoto. Catani invece fa percepire, vedere - vivere al lettore - un futuro dove le atmosfere cyberpunk non sono imitazione letteraria, ma vita vissuta: ha assorbito la lezione degli ultimi decenni come un dato di fatto, che manipola e plasma con maestria per dare significato e concretezza al mondo futuro che ci presenta. Utilizza gli schemi e l'impalcatura del thriller per imprimere ritmo e dunque per sollecitare l'attenzione, l'ansia e infine l'indignazione prima richiamata. E va anche oltre. Poco dopo la metà del romanzo egli violenta letteralmente la sensibilità del lettore in una scena dove gli scaglia addosso un disgusto autentico, metafora tanto scoperta quanto inesorabile del modello di sviluppo che ha guidato le nostre società negli ultimi quattro secoli circa. A una prima lettura, questa messa in scena del tabù finale era sembrata da leggere in una chiave grottesca, come rappresentazione della degenerazione ultima e completa di una classe sociale parassitaria di cui si mostra non il rituale più barbaro, ma quello più "sacro", in un rigoroso e logico capovolgimento di prospettiva. Riflettendo, si individua meglio una pura e semplice rappresentazione, per quanto caricaturalizzata, della nostra intima realtà di cannibali: delle risorse del pianeta e degli altri esseri umani. Se il lettore è disposto a seguire l'autore nella sua sfida, si tratta di una scena dove l'estremo e immediato orrore fisico finisce per tradursi in vero senso di desolazione e vuoto dell'anima al cospetto di una realtà che troppo spesso rimuoviamo dal nostro orizzonte spirituale: il prezzo del nostro benessere.

Catani riesce ad appassionarci perché la narrazione non permette perciò mai a quel senso di indignazione di scemare e costringe il lettore a mantenersi vigile. Ecco, forse oggi come oggi perfino questo può essere un difetto: Il quinto principio non si può leggere tanto per. Tanto meno a cervello spento. Esige attenzione; esige una coscienza del mondo che ci circonda. Definirlo fantascienza sociologica sarebbe riduttivo: si tratta di un romanzo fortemente politico e schierato. Un altro difetto? Non saprei. E' un difetto schierarsi in nome della dignità degli esseri umani? Della conoscenza? Perché null'altro che questo è l'impegno politico che traspare - trasuda da ogni pagina dell'opera.

E' un romanzo prolisso. Per fortuna! E' la dimensione monumentale a permettere una reale full-immersion dentro un'opera che si connota come autentica storia del futuro prossimo dell'umanità, e a permettere di esplorarne e comprenderne le implicazioni, lasciandosene impregnare i pensieri. E' questa ampiezza a costruire quel respiro globale che ha l'opera (tanto che si finisce per rendersi conto che il romanzo potrebbe perfino giovarsi di una ben maggiore lunghezza). A connotarla come la profezia - a un tempo terribile e piena di speranza - di un futuro che è già avvenuto. Come anticipavo è anche un romanzo dispersivo, fino alla caoticità; e di nuovo per fortuna. E' nel rincorrersi della miriade di personaggi diversi (e nel doverli rincorrere di capitolo in capitolo) che il lettore deve impegnarsi e restare desto per poter trovare il filo di quella coerenza morale che costituisce l'impalcatura portante del romanzo. E' il continuo saltellare dall'un personaggio all'altro, il continuo ritrovarne uno dopo decine e decine di pagine, il vederne di nuovi ancora dopo centinaia - è tutto questo a incitare, incalzare chi legge. Ma anche a permettere di centellinare e metabolizzare la lettura.



 Questo per i "difetti". :-)


Un accenno alla trama. Siamo a pochi decenni da oggi, in un mondo che appare una fin troppo realistica evoluzione del nostro, un mondo dove hanno assunto rilievo definitivo le tendenze - economiche, politiche e sociali - più inquietanti del nostro tempo. Una Terra dove a essere stato globalizzato è lo sfruttamento e dove il modello di sviluppo consumistico è giunto a piena maturazione, alla sua versione più pura - ed estrema. Una Terra dove è un dato di fatto l'esistenza di una superélite economica chiusa in casta resasi eterna (l'ultimo stadio di istituzioni come il Bilderberg Group?), frazione infinitesima della popolazione che controlla quasi ogni aspetto dell'economia e della vita di tutti. Casta che ha creato una ènclave segreta, sostanzialmente extraterritoriale, dove vivono le poche decine di milioni di individui che compongono questo gruppo parassitario: la città di Diaspar. In questo scenario, in questo pianeta che sta andando ecologicamente in malora e dove la conoscenza sta sempre più regredendo a strumento di potere oppressivo al servizio di una ristrettissima classe di persone, si agitano tuttavia forze ancora vitali, decise a reagire in qualche modo. Raccogliticce e sparse inizialmente, si coaguleranno poi in un tentativo fattivo di opposizione.  E il "Quinto Principio"? Per soprammercato, la nostra povera Terra è squassata da avvenimenti naturali catastrofici oppure scientificamente incomprensibili: gli "Eventi Eccezionali". Più spesso tali avvenimenti sono catastrofici e anche sfuggono a ogni logica scientifica nota. Forse tutto è dovuto a un possibile e non ancora formulato quinto principio della termodinamica (intanto, era stato già formulato un quarto), ma Catani non scioglierà il nodo. Come lascerà in sospeso il destino dell'umanità. Non perché il finale del romanzo sia aperto, esso è anzi perfettamente concluso con lucidità. In un epilogo che segue al più catastrofico e definitivo degli Eventi Eccezionali, un anticlimax a tratti struggente, Catani lascia aperta ogni strada agli sparsi superstiti dell'umanità: la fuga dal pianeta; la ripetizione di tutti gli errori commessi; lo sviluppo di nuove società. Il pianeta è ferito, ma le sue ferite vanno rimarginandosi: nella visione di una Terra che va rigenerandosi cogliamo un accenno finale di lirismo, e la nota di speranza più decisa. Non c'è però acritica speranza, così come non c'è assolutamente disperazione. Invece, un fortissimo senso di concreta attesa.  Che passino gli effetti del trauma subito dall'umanità, e che essa riparta. Poiché passeranno e si ripartirà, benché ancora non si sappia come. 

E' in questo scenario che si muovono i personaggi, pedine di un gioco elaborato e ritratti in rilievo di figure umane alle quali Catani conferisce tridimensionalità attraverso passioni e psicologie squadernate alla nostra vista. Personaggi a volte "sprecati": protagonisti che scompaiono dalla scena; altri che sembrano dover essere protagonisti e ballano per un solo capitolo. A ben vedere è un'altra sfida e un nuovo sfoggio di realismo: i percorsi della storia umana sono frastagliati e non obbediscono ad alcuna linearità. E questo è un romanzo storico, ancorché di storia futura. Personaggi che comunque è difficile dimenticare, sia i principali che quelli minori. Questi ultimi forse anche di più, perché Catani pare mettere una cura particolare nel concentrare il senso di un'intera personalità quanto minore è lo spazio che vi dedica. Figure, in genere, di cui ci viene mostrata la laidezza e la tenerezza (Bimba la prostituta-bambina, ma anche la sua padrona la Dama Menh; Anthuria, la volgarissima e romantica compagna di Axel/Alex, uno dei personaggi principali; gli uomini e le donne che si ritrovano a popolare la voragine aperta nel cuore dell'Africa da uno dei primi e più distruttivi Eventi Eccezionali). Tutti questi e gli altri con loro, soffrono e gioiscono; amano con rabbia o con tenerezza; fanno sesso con ardore o con dolcezza - o per prepotenza. Sono vittime o predatori. Raramente si evolvono umanamente. Yarin Radeanu, magnate di Diaspar e predatore in grande stile conoscerà l'abiezione e l'umiliazione estreme, ma non ne ricaverà lezioni: semplicemente perché la sua natura è appunto quella di un predatore; e questo Catani lascia che emerga con nettezza dalle sue azioni e dalla sua psicologia, senza indulgere in giudizi privi di senso. Nonostante gli accenni espliciti sul suo passato, ci resta invece nascosto e misterioso il personaggio di Waldemar, tecnocrate di Diaspar e figura demiurgica della "rivoluzione", quasi un deus ex machina: figura a suo modo poetica, preferendo Catani modellarlo per allusioni ed emozioni.


In questa ricchezza di argomenti, nel vorticare di fatti e personaggi, potrebbe forse perdersi il contenuto più classicamente fantascientifico del romanzo, la scoperta di una dimensione parallela al nostro universo, e molto diversa da essa. E' un merito ulteriore dell'autore il fatto che abbia saputo inserire e usare con accortezza un tema in apparenza di difficile collegamento con la vigorosa impronta politica della storia. Non solo, infatti, lo vediamo armoniosamente inserito nel tessuto del romanzo, ma è pure evidente come vada a completare la narrazione rappresentando probabilmente l'elemento di saldatura tra le varie opzioni e intendimenti dei superstiti umani.

6 commenti:

vikkor ha detto...

Carissimo Vincenzo,
finalmente ti ho rintracciato:-)
Non ho parole per ringraziarti. Il tuo commento critico al romanzo e' il piu' esteso, bello e articolato che abbia ricevuto. Ne sono onorato.
Riconoscente,
Vittorio Alex Pantega:-)

Vincenzo Oliva ha detto...

Grazie a te, Vittorio, per la bella lettura che ci hai offerto. E' un romanzo sofferto, e si vede!

V.

Stefano Mazza ha detto...

Spettacolare, Vincenzo! Una bellissima recensione, da rimeditare con calma, con cui non posso che concordare pienamente.
E ancora grazie Vittorio :-)

Vincenzo Oliva ha detto...

Grazie, Bergelmir! Tutto sta a ricevere il giusto stimolo ;-)

V.

philip shea ha detto...

E' un difetto schierarsi in nome della dignità degli esseri umani?
No, ma e' noioso. Mortalmente noioso.
In parallelo al metodo di produzione (e consumo) degli ultimi 400 anni si e' sviluppata questa rimbombante critica sociale che viaggia come una remora appiccicata al corpo dello squalo (il metodo di produzione....&c.)
Elimina lo squalo e distruggi la remora.
Bello per il mondo, triste per la remora.

Vincenzo Oliva ha detto...

No, non è noioso. Ma dovresti aver letto il libro per rendertene conto.

E dovresti meditare davvero sulla Storia per renderti conto che è stata proprio quella rimbombante critica sociale ad aver affinato, migliorato e reso più efficace ed efficiente il sistema produttivo occidentale. Ad aver costretto a volte con la forza i padroni del vapore ad affinarlo, migliorarlo, renderlo più efficace ed efficiente. Ammesso che ci sia ancora spazio, in futuro, per quella critica rimbombante - cosa che al momento non pare essere -, il sistema potrà essere ulteriormente affinato, migliorato, reso più efficace ed efficiente. Senza il pungolo e la frusta di un pensiero critico e altro il modello liberista occidentale sfocerà - come appare in questa fase prodromica - in un nuovo feudalesimo e declino della conoscenza e quindi, inevitabilmente, declino produttivo ed economico.

V.