domenica 28 febbraio 2010

[fantascienza] Il classico – Passeggeremo ancora al chiaro di Luna (We’ll walk again in the Moonlight - 1974) di Tom Godwin (1915-1980)


Okay, forse il nome di Tom Godwin non vi dirà molto. Però questo poco prolifico autore ha scritto uno dei racconti più celebri nella storia della fantascienza americana: Le equazioni fredde (The cold equations, 1954); nonché un romanzo piuttosto cult quale I superstiti di Ragnarok (The survivors, 1958) - rititolato recentemente Gli esiliati di Ragnarok – e il suo seguito: I reietti dello spazio (The space barbarians, 1964). Data l’esiguità della sua produzione, una trentina di racconti e tre romanzi tra il 1953 e la morte, e una vita a dir poco travagliata, non è davvero poco.

L'antologia dove venne originariamente pubblicato "We'll walk again in the Moonlight"
 
We’ll walk again in the Moonlight è tra i suoi ultimi racconti, venne pubblicato originariamente in una antologia curata da Roger Elwood, Crisis; in Italia è apparso nel 1980, in appendice al fascicolo n.826 di Urania, e mai più. Un vero peccato.

Nell’Encyclopedia of Science Fiction, John Clute, nel tessere le lodi della chiarezza concettuale e della verve narrativa dell’opera di Godwin ne puntualizza anche una certa vena eccessivamente sentimentale nelle caratterizzazioni. Questo racconto è un ottimo esempio di quanto egli afferma, ma anche del fatto che, al suo meglio, la narrativa di Godwin non risente di tale relativa debolezza, e ne esce perfino in qualche modo esaltata.


La prima e unica pubblicazione italiana fu su Urania 826, che presentava "Ragnatela", l'ultimo romanzo di John Wyndham

La trama è presto detta: Billy e Lora Lee si amano a tal punto che per non stare mai separati l’uno dall’altra accettano di farsi spedire su un pianeta a decine di anni luce dal più vicino altro essere umano per lavorare come guardiani di uno dei molti “fari” planetari necessari alla navigazione iperluce. Lora Lee morirà cinque anni più tardi, gettando Billy nella disperazione e nella più nera delle depressioni. E… e non voglio dirvi di più, nel caso riusciate a leggere il racconto. Anche perché in fondo, la conclusione non è così importante.

Scarno ed essenziale, come si vede; e di sicuro esile nella componente più propriamente fantascientifica.  E infatti non è quest’ultima a rendere interessante, e tanto meno avvincente, la lettura del racconto: è molto semplicemente la sua bellezza. Un tratto sfuggente, che cercherò di precisare.

Godwin narra la vicenda con limpidezza, lasciando che la linearità, quasi la ovvietà, dei personaggi, emerga con naturalezza dai loro discorsi, scelte e azioni. Sin dall’incipit mescola con accortezza il dramma del presente e l’idillio del passato, lasciando che quel sentimentalismo richiamato da Clute impregni le sue frasi fino a occasionali picchi di lirismo sincero e si infiltri nelle emozioni del lettore. Con forza, perché l’autore procede con inesorabilità in una descrizione progressiva di amore, autoinganno, follia, conclamata morbosità; dove il “colore” sentimentale è al servizio – serve a preparare – la cupezza delle ultime pagine. 

Urania Collezione 61 ha presentato per la prima volta insieme i romanzi del dittico di Ragnarok

E così, anche l’ambientazione fantascientifica, pur restando vicaria, trova un suo perché nel rendere assoluta la reclusione in sé di Billy, la separatezza dei due innamorati dal mondo e dal consesso umano, e l’ossessione esclusivista del loro rapporto. Un rapporto più importante dei suoi stessi protagonisti, il vero perno del racconto, che ne lascia in ombra le personalità; salvo poi accorgersi di come, sottilmente, i labili e scarsi indizi di esse si incasellino con coerenza in quel rapporto e ne prefigurino  il prodotto finale. Si è allora in grado di apprezzare anche l’ironia nera, o forse meglio tutta l’acidità, del sarcasmo contenuto in quel titolo così all’apparenza tenero, e anzi smielato. All’apparenza.

Una storia dove regna il romanticismo, insomma, ma la cui superficie tersa e incantevole viene frantumata per rivelare quella materia che vi ribolle sotto, gravida di pericoli e in grado di distruggerci attraverso le nostre debolezze (o, peggio, attraverso i nostri punti di forza).  Una storia che è un ottimo esempio di come la fantascienza possa venir usata con duttilità, in ambiti che l’opinione corrente le vorrebbe preclusi. E di come, in ultima analisi, essa si occupi di nient’altro che di esseri umani.

The cold equations: http://www.oakmeadow.com/curriculum/overviews/english10_sample.pdf (il racconto inizia a pag.2 del documento)


Nessun commento: