lunedì 2 febbraio 2009

[fantascienza] I contemporanei - Gli orsi scoprono il fuoco (Bears discover fire - 1990) di Terry Bisson (1942- )

E' un racconto celeberrimo e pluriantologizzato (devo averlo in una mezza dozzina di volumi), che senza dubbio merita il titolo di classico benché sia tutto sommato recente. Apparso in origine sull'Isaac Asimov's Science Fiction Magazine, vinse tutti i premi possibili consacrando la fama di Bisson, allora attivo da una decina scarsa di anni; e rimane ancora la sua storia più famosa. La prima volta che lo lessi non mi piacque; rileggendolo mi sono reso facilmente conto di aver fatto in precedenza una lettura superficiale e affrettata, non cogliendo il senso e lo spirito della storia.

Innegabili echi simakiani intessono questa fiaba allegorica che assume contorni bucolici: sorta di elegia al tempo che fu e, contemporaneamente, invito al recupero in futuro di una dimensione spirituale perdutasi nei ritmi e nei miti di una modernità che sottrae all'uomo la sua anima lasciandogli in cambio una ricchezza materiale fonte di stress e alienazione. Frammisti alla quiete evocata e che spira dalle pagine del racconto, i guizzi di un umorismo sottilissimo che Bisson utilizza per spiazzare il lettore, per precisare il senso e il significato delle frasi e il sentimento della storia; soprattutto per creare uno straniamento surreale che trasporta il racconto in una dimensione intermedia tra fantascienza e fantasy che modella i toni fiabeschi della narrazione (la prima apparizione degli orsi del titolo all'interno della storia è una vera e propria irruzione del tutto improvvisa dell'inaspettato e dell'assurdo in una trama che appariva realistica fino al naturalismo). Qui è la differenza del Kentucky di Bisson rispetto al Wisconsin di Simak: questo più precisato da una tridimensionalità umanista, quello più sfumato verso i territori di una fantasia dalle implicazioni spiritualistiche e che impercettibilmente rimandano a certe atmosfere di Bradbury.

I personaggi di Bisson sono però indubitabilmente affratellati a quelli di Simak. Straordinari i dialoghi come le descrizioni dei silenzi, attraverso i quali essi emergono con una nettezza e una forza che non si riscontrano con frequenza. Il protagonista principale Bobby, sua madre (la Mamma), suo fratello Wallace sr. e il figlio di questi Wallace jr. sono gli attori e gli interpeti simbolici del confronto antico/moderno, ma anche visione/cecità e libertà mentale/schiavitù conformistica. Wallace sr., il personaggio che più resta sullo sfondo, risalta tuttavia dal contrasto con gli altri; egli è uomo profondamente inserito nei meccanismi della vita odierna e insofferente di un fratello maggiore che gli appare retrogrado e inadeguato, il quale in realtà lo sopporta con benevolenza fino a un paterno compatimento. Tra questi e il nipote Wallace jr. esiste un legame di vicinanza che il ragazzino non può avere con il padre, spiritualmente sconnesso dalla vita e dalla sua essenza, sperso all'inseguimento di un successo che altro non è che mera sopravvivenza. Zio e nipote instaurano un legame mentore/discepolo naturale e istintivo e sono invece alla ricerca dei confini e dei contenuti di una vita che non si limita alla sopravvivenza o al raggiungimento di obiettivi profani, ma assume il significato di una comprensione di sé e ancor più del mondo circostante, fisico e meta-fisico (emblematica l'esplorazione che essi fanno di un terreno a cento metri dalla casa e dove neppure lo zio era mai stato, in una autentica e genuina riappropriazione della natura e del posto dell'uomo e della sua vita all'interno del rapporto con la natura). In questa ottica il personaggio principale è quello, praticamente muto, della Mamma. Madre e nonna degli altri protagonisti umani, ella attende da anni la morte in un cronicario; lo abbandonerà per abbandonare una vita divenuta priva di senso e recuperare un senso non soltanto ad essa, ma anche alla propria morte, che avverrà in completa e raggiunta serenità.

E gli orsi? Gli orsi sono il centro e sono al centro di tutto; sin dalla loro prima apparizione che rammentavo, danno senso alla storia e dettano il ritmo del racconto. Eppure gli orsi non fanno nulla: si limitano ad accendere fuochi e a radunarvisi attorno. Ma è questo non fare il vero fare. Muti perché la parola non serve per ascoltare, e ascoltare la natura è ciò che dona senso alla vita. Muti attorno ai fuochi, gli orsi stanno cominciando un percorso che porterebbe le loro individualità a creare il senso di fratellanza di una comunità unita: ciò che gli uomini vanno invece perdendo nella modernità. Ciò che il protagonista principale ricorda della sua infanzia e giovinezza. Gli orsi sono il richiamo a cui risponde la Mamma, e alla ricerca della nonna e madre, anche Wallace jr. e suo zio. E' nella quiete, nel silenzio totale della notte condivisa con la comunità ursina attorno al fuoco che la Mamma muore, riconciliata con la vita e la morte. Un risveglio, l'ursino e l'umano, che ciascuno potrà vedere come religioso o spirituale secondo il proprio sentire.
Bisson comprime in questo breve racconto molte altre suggestioni e riflessioni; dalle sibilline chiuse di alcune frasi dove andare a scoprire frecciate al nostro stile di vita e modo di essere portate con garbo pari alla inesorabilità si passa a considerazioni sulla giustizia e la legalità appoggiate con leggerezza sul tessuto del racconto, ma che sedimentano nella mente del lettore. Vale davvero la pena cercarlo se non l'avete mai letto.

Gli orsi scoprono il fuoco è come dicevo presente in numerosi volumi, l'ho riletto in Nuove avventure nell'ignoto il volume di Urania Millemondi del marzo 2001 che raccoglieva la seconda parte dell'antologia Fantasy Hall of Fame curata da Robert Silverberg.

Linko They're made out of Meat, un altro, assai breve, racconto di Bisson, inedito in Italia e divertente quanto terribile: http://baetzler.de/humor/meat_beings.html.

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