Volafonini. Da per tutto telefoni cellulari alati. Si librano nell'aria svolazzando alla ricerca di un utente presso il quale fare il nido, o semplicemente al quale fornire i propri momentanei, ultratecnologici servizi. Il gadget è da sempre un elemento centrale della storia di fantascienza (se non l'elemento centrale tout court), che sia l'AKKA arma ti tistruzione ti mondo (anzi di universo) del ciclo della Legione dello spazio di Jack Williamson oppure l'innocua evoluzione dell'aggeggio che ha mutato radicalmente il nostro modo di comunicare. E appunto, comunicazione, linguaggi, e relativi riflessi antropologici sono da sempre temi privilegiati della narrativa dell'autore.
Ian Watson scrive ormai da più di trentacinque anni ed è pubblicato da oltre trenta in Italia con regolarità. Assai prolifico, è il solo autore britannico a essere emerso con chiarezza negli anni '70, compressi tra la generazione di Ballard, Aldiss, Moorcock e compagni (ma anche Bob Shaw e Keith Roberts), e la rinascita della sf britannica tra gli anni '80 e '90 con Iain M. Banks, Gwyneth Jones, i quattro Mac (Ian MacDonald, Ian R. MacLeod, Paul J. McAuley e Ken McLeod) e poi Stross e altri in tempi più recenti. Eppure il suo non è un nome molto conosciuto in Italia. Credo che una serie di fattori concorrano a questa relativa oscurità di fama: Watson è infatti uno scrittore non dei più facili e anzi a volte sicuramente impegnativo, che ama affrontare argomenti "filosofici" e concede poco spazio all'azione spettacolarizzata; ha scritto un gran numero di eccellenti romanzi e racconti, ma mai il romanzo che spacca (per i motivi detti); e neppure ha prodotto un ciclo di storie rimasto nella memoria dei lettori (come sopra). Si limita insomma a scrivere ottima fantascienza.
Le farfalle dei ricordi è un breve racconto che ben si inserisce in questo quadro. Ambientato in un futuro così prossimo da essere un presente appena aggiornato, propone una riflessione approfondita non soltanto sui meccanismi della comunicazione, quanto soprattutto sugli effetti spersonalizzanti di un eccesso caotico di dati che si traduce in confusione della coscienza; sullo sfondo, attualizzato, l'eterno tema, che attraversa la storia della fantascienza e non solo, delle macchine che acquisiscono coscienza e (sfuggono al) controllo. Più ancora recondita resta l'eredità del mito babelico, che è perdita della memoria prima e più del suo effetto di confusione del linguaggio, ed è connesso all'atto di superbia di Nimrod, che è poi lo stesso atto che presiede alla nascita della fantascienza con la superbia del dottor Frankenstein, il cui riflesso tecnologico più immediato sarà la mitopoiesi del robot ribelle con il Rossum di Capek (anche se quelli di Rossum erano androidi). La memoria come identità del Sé è sia il nucleo della nostra personalità che lo strumento primario del nostro relazionarci con il mondo esterno, fisico e antropico; la riconoscibilità di persone ed eventi è il programma che ci mantiene funzionali. Nel racconto di Watson la rete creata dall'uomo ha valicato pressoché tutti i suoi limiti meccanici ed è diffusa nell'aria, l'elemento connettivo più esteso e ineludibile; i terminali della rete sono ovunque, a disposizione di ogni uomo moderno connesso (e moderno in quanto connesso, forse perfino uomo in quanto connesso), a un solo cenno di mano, a un solo pensiero: pronti a inserirsi nell'Ident-Info dell'individuo per riversare nella sua coscienza dati su dati o per metterlo in contatto diretto con chiunque nello spazio di un momento. Questa rete onnicomprensiva è divenuta a tal punto complessa, invasiva e sovrapotente rispetto alle capacità umane di processare le informazioni (o forse, chissà, ha raggiunto una massa critica da generare una propria coscienza) che gli esseri umani cominciano a perdere e scambiarsi le memorie attraverso di essa. Il protagonista del racconto, Tom, avrà un solo modo per riappropriarsi della certezza e stabilità della propria memoria e quindi di sé: disconnettersi dalla rete rimuovendo il suo Ident-Info. Ciò equivale all'amputazione del suo essere in quanto uomo moderno. Che sia scelta di anacoretismo individuale o primo passo di un ritorno a una conoscenza gestibile dalle sole risorse cerebrali del singolo, la scelta di Tom è l'unica possibile risposta contraria a fronte del gigantismo assunto dall'organismo-rete e dalla altrimenti ubiquitaria onnipresenza dei servizievoli volafonini, sinistri e gentili update dei gentili e sinistri Umanoidi di Jack Williamson.
Le farfalle dei ricordi è stato pubblicato in Italia sul n.43 di Robot, terzo numero della seconda serie.
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