Scacco doppio è una storia difficile da inquadrare, probabilmente impossibile da incasellare. Per fortuna. E' una storia di scacchi, sì; quasi incidentalmente; anche se non così tanto incidentalmente come potrebbe apparire a una prima lettura. E' una storia d'amore; è una storia che descrive - senza descriverla davvero, evocandone il peso opprimente - una feroce antiutopia totalitaria. E' una storia centrata sulla psicologia di un individuo - un meccanismo che ci viene dato osservare nel suo funzionamento: è una storia, infatti, scritta praticamente in flusso di coscienza. Volendo, è anche una storia di orrore: orrore puro e distillato. L'orrore che suscita l'esposizione a nudo delle paure, dei terrori più profondi di un'anima umana. L'orrore della lotta, anzi della non-lotta (non-lotta perché è insensato lottarvi contro: al sistema si è rassegnati), a un sistema sovraordinato al singolo essere umano al punto da restare sconosciuto e inconoscibile. La società evocata dai pensieri dell'anonimo protagonista del racconto è ancora più anonima di lui, totalmente spersonalizzata, riassunta nel dominio di entità (i soldi; il controllo) che hanno perduto ogni connotato materiale per divenire puramente metafisiche, e generare un terrore irrazionale che si traduce nel massimo potere di controllo sullo spirito e la psiche dell'individuo. Una forte attualità.
Con uno stile fatto di frasi smozzicate, di pensieri che si sovrappongono ad altri o ne intarsiano lo sviluppo, Aldani racconta l'attesa del ritorno a casa di Elena, la moglie dell'anonimo protagonista, convocata per un misterioso controllo dalle misteriose Autorità governanti. Elena è il pensiero che giganteggia nella mente del protagonista, che si insinua tra i pensieri delle mosse che egli fa nella partita a scacchi contro l'elaboratore elettronico mentre attende la moglie. Con simbolismo fin troppo scoperto l'imbattibile computer Mark è quel sistema inattingibile e non realmente conoscibile che manovra gli esseri umani come appunto Mark manovra le pedine del gioco (anzi: come le fa manovrare allo stesso protagonista, con metafora qui più sottile). Mark è il sistema il cui funzionamento, le sue regole, rimane incomprensibile, ma che inevitabilmente schiaccia le speranze, la tensione alla libertà, i desideri. La distruzione del tessuto sociale e umano dei lavoratori che si ricostruisce nei pensieri del protagonista sui dialoghi con i colleghi appare il risultato finale del gioco del ragno che il moloch elettronico attua nei suoi confronti. Un consegnarsi (un consegnarci) alle regole (che ci vengono) date da un sistema completamente eterodiretto. Una complicità, anche.
Buona notte, Sofia, precedente di dieci anni, anticipazione disperante del cyberpunk, è il racconto di Aldani che preferisco e ritengo migliore, ma Scacco doppio non gli è davvero inferiore. Uno dei più ostici, certo, per la spigolosità dello stile e la sostanziale inesistenza della trama. Non avviene nulla, e ciò che leggiamo sono gli sprazzi, le finestre che si aprono nel flusso mentale di un uomo; le pause, i picchi della sua angoscia. Controllatamente caotico nello stile, rigoroso nell'analisi, Scacco doppio sembra assumere oggi inflessioni amaramente profetiche, scritto com'è all'inizio di quel grande ripensamento economico arrivato a maturazione in questi ultimi mesi. Profetico o semplicemente attento alla storia di qualche decennio prima.
Storia d'amore, dicevo più su; una storia d'amore priva di ogni tono di delicatezza. Il protagonista ama indubbiamente Elena, ma non può fare nulla per salvarla da un destino di cui in realtà non si sa nulla (e quindi appunto appare più terrorizzante).Né può fare alcunché contro regole che impongono una vera e propria soppressione identitaria della donna e di tutte le donne. La sconfitta è inevitabile anche su questo piano, prettamente privato viene da dire, e tanto più netta quanto più la mera apparenza della normalità sembra ritrovarsi sul finale. Il protagonista si priva anche della sua dimensione intima.
Un racconto che non fa sconti; non ce ne fa, perché nelle sue pagine non è difficile riconoscere le paure, lo sconforto, il senso di inutilità che a volte a tutti capita di provare. Un invito alla riflessione che tuttavia incute il timore di farlo. Tutta la narrativa di Aldani, quanto meno la migliore, propone poca o nulla speranza, o assume una vena malinconica di pessimismo ragionato; questo racconto non solo non vi si sottrae, ma ne è un manifesto.
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