martedì 18 agosto 2009

[fantascienza] Il classico - La nemesi dei robot (Robot nemesis 1934/1939) di E.E. "Doc" Smith (1890-1965)


Questo racconto è un reperto archeologico. Anzi geologico. E' come una di quelle rocce civetta che identificano immediatamente l'epoca cui appartiene il loro strato e permettono una catalogazione agevole. Ciò non tanto per la data in cui fu pubblicato, ma perché il suo autore, l'ingegnere chimico Edward Elmer Smith, detto "Doc", è in assoluto il più tipico rappresentante della fantascienza delle origini. Origini della fantascienza di genere, naturalmente, quella che si fa nascere per convenzione nel 1926 quando la rivista Amazing Stories inizia le sue pubblicazioni; e su Amazing, due anni dopo, Smith esordisce diventando immediatamente la prima superstar di quel piccolo ma agguerrito mondo, e restando lo scrittore più celebre e amato almeno fino alla metà degli anni '30.

Oggi Smith è praticamente ignoto in Italia; ignoro se negli Stati Uniti sia ugualmente dimenticato o quasi; nel caso lo sarebbe giustamente :-). Con tutta la buona volontà e la nostalgia che fanno riscoprire e rivalutare artisti da tempo dimenticati, "Doc" Smith non è tra quelli che lo sarebbero a ragion veduta. Al suo meglio è uno scrittore per lo meno rozzo, e molto ingenuo. Per carità, chili, anzi quintali, o ancora meglio teratonnellate di sense of wonder; ma se i ragazzini e gli adolescenti sparsi per un America in forte depressione e che usciva dalla sua fase di conquista della terra erano giustamente eccitati dalle visioni grandiose proposte dalla sua prosa fantasmagorica e rutilante quanto elementare e ripetitiva, oggi appare impossibile non annoiarsi leggendo le sue opere.

La nemesi dei robot è però un'opera singolare nel corpus smithiano; in Italia è certamente un unicum, in effetti: il solo suo racconto pubblicato nel nostro paese. Ignoro se e quanti altri ne abbia pubblicati, ma di certo non possono essere che una manciata: sin dal suo esordio "Doc" Smith scrisse romanzi a manetta, e anzi serie di romanzi, spesso pletoriche. Fu probabilmente l'iniziatore dei serial di fantascienza, e di certo lo fu delle cosiddette storie di super-scienza, quelle dove le si sparava sempre più grosse in merito a invenzioni, armi favolose, multidimensioni, galassie sempre più lontane eccetera: non fu uno stilista ma fu uno scrittore seminale nella storia delle riviste americane di sf.

Entrambi i suoi due serial maggiori sono stati pubblicati in Italia, quello dell'Allodola dello Spazio (lo Skylark, dal nome delle astronavi), con cui esordì, e quello dei Lensmen, spesso considerato il suo miglior lavoro.

Entrambe le serie sono mortalmente noiose, come dicevo. La nemesi dei robot, invece, non lo è. Eppure è scritto nello stesso identico modo: continue iperboli linguistiche, sempre più iperboliche; per ogni sostantivo dieci aggettivi - il più sobrio farebbe venire un infarto a uno scrittore tardobarocco; l'inevitabile protagonista, inevitabilmente uno scienziato, Ferdinand Stone, emblema della pura logica disincarnata - roba che un vulcaniano è un ribollire di emozioni. E poi fasci di raggi sempre più potenti (e misteriosi), equazioni matematiche sempre più difficili da padroneggiare per una mente umana (ma non per l'eroe di turno), astronavi sempre più colossali, flotte gigantesche, battaglie omeriche, armi inenarrabili, nemici - i robot che si sono ovviamente ribellati all'uomo - sempre più inumani, potenti e malvagi nella loro assenza di emozioni. Insomma, un continuo BOOOOOOM. A riscattare questa materia, questo bolo grezzo di sense of wonder non trattato, è la brevità. Se negli interminabili cicli di romanzi la ripetizione sempre uguale a sé stessa di personaggi, schemi narrativi e voli pindarici della fantasia finisce per provocare solo tedio e desiderio di abbandonare la lettura, nell'economia di una ventina scarsa di pagine è come fare un tuffo nell'essenza primitiva della narrativa fantastica: stupire, stupire e stupire. Pazienza se non c'è altro, e se lo stile è approssimativo. E poi è commovente, in questa orgia di super scienza, vedere Stone che per calcolare una rotta spaziale prende regolo calcolatore e tavole logaritmiche. La fantascienza può anche parlare dell'uomo di qui a migliaia di anni, ma i suoi autori sono uomini del proprio tempo. E si vede.

C'è da tener presente, naturalmente anche un altro fattore: noi abbiamo a disposizione i cicli di "Doc" Smith completi, pronti da leggere tutti di seguito. Allora i romanzi apparivano non solo anche ad anni di distanza l'uno dall'altro, ma soprattutto erano pubblicati a puntate mensili sulle riviste. La "dose" di sense of wonder a cui erano sottoposti i lettori era di certo ragionevole, omeopatica.

La nemesi dei robot fu pubblicato in origine sulla rivista Thrilling Wonder Stories nel 1939, in una versione definitiva rispetto a una precedente di circa cinque anni. In Italia è apparso due volte: nella corposa antologia I guerrieri delle galassie, e poi in una seconda antologia intitolata La guerra nelle galassie, entrambe edite dalla Nord.

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