lunedì 16 febbraio 2009

[cinema] The eyes of Valentino


Ovvero:

Sangue e arena (1922)
Di Fred Niblo, con Rodolfo Valentino.


Diffidate di altre edizioni (o verificate la durata), potrebbero essere mutile di quasi metà pellicola.

Quasi novantenne, questo film rende giustizia del perché Valentino si impose come mito. In sé, il film si giova di una trama semplice e robustamente drammatica e romantica, di forte patetismo, oltre a singolari e interessanti trovate narrative: di durezza drammatica (il parallelo di vita tra il torero di Valentino e il bandito Plumitas); oppure fortemente evocative (il goticheggiante, quasi macabro irrompere episodico sulla scena del "filosofo" che impersona tanto l'esplicitarsi del destino quanto la riflessione dell'autore); o ancora, in un film dove i baci si danno a fior di labbra, l'esplicito affermare il carattere sadomasochistico della relazione tra Valentino e la femme fatale interpretata da una leziosa eppure credibilissima Nita Naldi. Tutto resterebbe però il patrimonio di una pellicola onesta, compreso il vampeggiare estremo della Naldi, senza la presenza di Valentino. La recitazione nei film muti può apparirci eccessiva e sopra le righe, ma non può dimenticarsi che gli attori dovevano supplire alla mancanza della parola. Il corpo, e ancor più la gestualità, e la mimica facciale dovevano comunicare tutto, e tutto quanto non si potesse far ascoltare: ciò che le didascalie non potevano esprimere. La recitazione di Rudy non si mostra mai eccessiva se non forse nel momento del suo estremo tentativo di non cedere alla Naldi, ed esprime una vitalità straordinaria. L'attore occupa completamente la scena e dà forma all'intero film: un film di sensualità e teatralità, di sentimenti estremi e di un'estetica sospesa tra passione esplosiva e morte. Una vitalità, un'espressività, una attrattività magnetica che precipitano nello sguardo di Valentino. Non mi stupisce che sia assurto al rango di prima autentica sex icon del cinema, e sia il prototipo della star cinematografica. L'espressione che Valentino riesce a far assumere al proprio sguardo (e di cui non abusa assolutamente, facendone anzi un uso parco e misurato) è realmente magnetica: uno sguardo ferino, oltre la ragione, dentro la passione.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

Ah, Fred Niblo! E' il regista del primo Ben Hur, che ho nell'edizione cofanetto contenente sia quella del 1925 che quella piu' celebre del 1959 con C.Heston.

Tempo fa, incerto sull'impegnare o meno quelle 3 ore e 40 per riempire il tardo pomeriggio post pranzo natalizio, per pura curiosita' misi nel lettore
la versione del '25 (solo 2 ore e 23...) e finii per guardarlo tutto d'un fiato fino in fondo.

Fatta salva l'ovvia differenza nel linguaggio corporeo degli attori del muto, con la loro parossitica espressivita' che oggi puo' apparire almeno a tratti
ridicola, devo dire che da tutti gli altri punti di vista questo film regge bene il confronto con il piu' celebre remake di Wylder.

La famosa sequenza delle quadrighe, in particolare, mi e' sembrata praticamente identica, perfino nelle sequenza di inquadrature e nelle scenografie :-O (ma ammetto di non aver fatto un confronto serrato).

Vincenzo Oliva ha detto...

Uah! Davvero esiste un cofanetto con ENTRAMBI? Io ho solo il BH con Charlton, dovrò procurarmi senza meno cotal cofanetto!

V.

Anonimo ha detto...

Ebbene si', edizione 4 dischi: eccola qui.

Vincenzo Oliva ha detto...

Tnx, mon ami. Questo mese sono fuori con l'accuso (troppi libri ;-)), ma poi mi metto in caccia :-).

V.